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mercoledì 12 ottobre 2011

Rosario Livatino, un esempio per gli operatori della giustizia. Avviato il processo di beatificazione del giudice che seppe coniugare fede e diritto.


E' stato avviata a Canicattì lo scorso 21 settembre la fase diocesana del processo di beatificazione del giudice Rosario Angelo Livatino,Servo di Dio e operaio della giustizia, così definito dall'arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro.
Il giudice Livatino fu ucciso dai sicari della criminalità organizzata il 21 settembre 1990 sul viadotto che collega Canicattì, la città natale dove risiedeva, ad Agrigento, mentre si recava al Tribunale, l'ufficio giudiziario in cui prestava il suo servizio allo Stato.
Giovanni Paolo II ricevendo i suoi genitori lo aveva definito "martire della giustizia e,indirettamente, della fede."

Desidero rendere omaggio e ricordare il giudice Livatino con le sue parole tratte da un intervento pubblicato su "Fede e Diritto" pochi anni prima del suo omicidio.

"Il compito del magistrato è quello di decidere. Orbene decidere è scegliere e, a volte, tra numerose cose o strade o soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio.
Un rapporto diretto, perchè il rendere giustizia è realizzazione di sè, è preghiera, è dedizione di sè a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell'amore verso la persona giudicata.
"
Inoltre scriveva "I non cristiani credono al primato assoluto della giustizia come fatto assorbente di tutta la problematica dei rapporti interpersonali, mentre i cristiani possono accettare questo postulato a condizione che si accolga il principio del superamento della giustizia attraverso la carità."

Il cammino verso il martirio di Rosario Livatino ha inizio nell'agosto del 1989 quando, come giudice a latere, doveva mettere in atto le misure di prevenzione stabilite dalla legge Rognoni-La Torre e disporre il sequestro dei beni della criminalità organizzata.
Livatino sapeva di essere in pericolo perchè applicava con puntualità la nuova legge.
In una delle sue agende scriveva: "Vedo nero nel mio futuro. Che Dio mi perdoni."
E poi ancora: "Che il Signore mi protegga ed eviti che qualcosa di male venga da me ai miei genitori."
Nonostante questo suo impegno in una terra fortemente a rischio per gli operatori della giustizia egli non volle mai nè una scorta nè un'auto blindata.
Il 21 settembre 1990 mentre si recava guidando la sua auto come ogni mattina al tribunale di Agrigento cadde vittima di un agguato su un viadotto della statale 640 ad opera dei killer che dopo averlo colpito lo inseguirono in una scarpata e lo finirono a colpi di pistola.
Una stele fatta erigere dai genitori sul luogo dell'agguato in contrada Gasena ricorda il sacrificio del giudice.
I sicari alcuni anni più tardi sono stati individuati e condannati.

Nella scarpata dove fu ucciso venne trovata la sua agenda su cui vi era la scritta "STD" ovvero Sub Tutela Dei il motto che testimoniava lo stretto rapporto tra il suo lavoro e la fede.

Mi sembra poi appropriato e propongo all'attenzione dei lettori alcuni versetti del libro della Sapienza che ben si addicono all'esempio di coerenza cristiana che è stata la breve ma significativa esistenza del giudice Livatino:
"Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo. Vecchiaia veneranda non è la longevità, nè si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza, e un età senile è una vita senza macchia. (Sap. 4,7-9)"

Per tutti gli operatori della giustizia, credenti e non credenti, il giudice Livatino è un esempio da seguire e un futuro beato cui affidarsi nei momenti di difficoltà.
Per approfondire questi temi segnalo il sito www.livatino.it a cura dell'Associazione degli amici del giudice Rosario Livatino.